Una via trentina per l’idroelettrico
Editoriale pubblicato dal Quotidiano l'Adige in data 25/03/2022
di Alessio Manica
Il drastico aumento dei costi dell’energia derivante dalle tensioni geopolitiche scaturite con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ci obbliga a riaccendere i riflettori sulla questione della produzione idroelettrica trentina. Nei mesi scorsi la Giunta provinciale - nonostante la forte opposizione dei Gruppi di minoranza e degli enti locali - ha deciso di approvare una pericolosa riforma del settore idroelettrico, che obbliga il nostro territorio a mettere a gara entro fine anno la maggior parte delle grandi centrali idroelettriche trentine. Ne deriva il rischio concreto di perdere la governance su un settore strategico per il nostro territorio; di perdere degli asset costruiti negli anni con le risorse delle nostre comunità; ma soprattutto la rinuncia ad esercitare l’Autonomia, a sfruttarne appieno le peculiarità e a trovare delle soluzioni di autogoverno originali ed innovative. La centralità del tema energetico in questo particolare momento storico impone di fare il possibile per riaprire la partita ed individuare delle soluzioni che consentano al Trentino di mantenere in mano pubblica il controllo strategico sullo sfruttamento delle sue risorse naturali. In questo frangente quello energetico è anche tema di sicurezza, intesa come disponibilità ininterrotta di fonti energetiche affidabili ad un prezzo accessibile. Nelle scorse settimane il Copasir (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti) ha approvato all’unanimità una Relazione sulla sicurezza energetica nel contesto della transizione ecologica, in cui si legge che si dovrà mirare “al perseguimento di una adeguata autonomia tecnologica e produttiva del Paese nel settore energetico, rafforzando le filiere nazionali di industria e ricerca”. In questi giorni abbiamo imparato – ma non è una novità – che l’Italia sul piano energetico è fortemente soggetta a minacce di natura esogena, legate alla situazione geopolitica ma non solo. L’energia da fonti rinnovabili, peraltro, non è sufficiente, coprendo oggi solo il 20% circa del mercato nazionale dell’energia. Dice ancora il Copasir che “l’aumento dell’uso di rinnovabili garantisce una produzione di energia autoctona, ma contemporaneamente può generare nuove dipendenze da Paesi esportatori di materie prime o di componentistica”, soprattutto nei settori dell’energia eolica e della produzione di batterie. Il Copasir invita quindi a puntare sulle proprie risorse naturali, a cominciare dall’idroelettrico – da cui oggi proviene il 16% della produzione nazionale - che nella relazione viene definito come un ambito di “notevole vantaggio competitivo” per l’Italia. Il Copasir passa poi alla dura critica del Disegno di legge “Concorrenza”, che ha aperto le gare di concessione delle centrali ma “in un regime di non reciprocità poiché gli altri Paesi europei applicano un regime protezionistico”, mettendo a rischio “il controllo di asset strategici per la sicurezza del sistema energetico e per l’autonomia energetica nazionale”. Paolo Taglioli, direttore di Assoidroelettrica, ha recentemente affermato che oggi “pensare di fare gare nel settore idroelettrico è quanto di più sbagliato si possa commettere” e che fino a che non ci sarà un campo europeo di concorrenza leale l’unica soluzione possibile è il prosieguo delle concessioni attuali. La Giunta Fugatti e la maggioranza leghista hanno invece voluto fare i primi della classe, ma in negativo, costringendo il Trentino ad essere il primo territorio in Europa che – salvo modifiche - metterà a bando le proprie centrali. Una decisione totalmente sbagliata come dimostrano per esempio la scelta recente del Cantone svizzero dei Grigioni, dove è stata approvata la strategia energetica 2022-2050 scegliendo di non rinnovare le concessioni in scadenza e di aumentare la partecipazione pubblica, e quella della Francia, dove il Senato ha da poco approvato una norma che consente al concessionario di derivazioni idroelettriche di presentare allo Stato un programma generale di investimenti, sulla scorta di quanto si sta facendo qui per il rinnovo della concessione della A22. La Giunta ha sbagliato, ma ciò che conta ora è provare a rimediare urgentemente, innanzitutto facendo il possibile a livello politico – a Trento ma soprattutto a Roma – per tornare indietro rispetto alla decisione della messa in gara e favorire soluzioni che garantiscano il controllo pubblico sugli asset e sulla produzione idroelettrica, sulla scorta di quanto stanno facendo altri Stati e territori alpini. Per il Trentino è una partita fondamentale, perderla creerebbe un danno irreparabile per lo sviluppo futuro del nostro territorio.