Un nuovo modello di sviluppo per una società più giusta
Trento, maggio 2020
di Alessio Manica
Il Coronavirus non ha colpito tutti nello stesso modo. Tutti ci siamo protetti con il lockdown, qualcuno è stato messo in quarantena, altri sono guariti a casa, tanti sono stati ricoverati all'ospedale, diversi sono finiti in terapia intensiva, e purtroppo anche in Trentino c’è stato chi - nelle RSA o nelle strutture sanitarie- non ce l'ha fatta.. Con differenze da territorio a territorio e tra categorie sociali e tra lavoratori. Anche economicamente ha colpito in modo differente: alcune imprese hanno continuato o perfino intensificato la loro attività, cambiato la modalità di lavoro, ma molte attività sono rimaste bloccate e stentano a ripartire. Così ci sono lavoratori che hanno continuato a lavorare, altri che hanno beneficiato della cassa integrazione e infine troppi che hanno ricevuto o – peggio - sperano di ricevere solo un sussidio. Settori come il turismo o le piccole aziende agricole di trasformazione hanno vista azzerata la loro attività e molti lavoratori autonomi, piccole imprese e soprattutto lavoratori stagionali o precari sono rimasti senza reddito, per non parlare delle forme di economia sommersa. Non si tratta purtroppo solo di due mesi di lockdown, ma di un anno che rischia di mettere in ginocchio troppe famiglie, e quelle senza risparmi sono costrette a chiedere anche aiuti per poter mangiare. Tutto questo è noto ma sembra che le politiche pubbliche non ne tengano abbastanza conto. Sono decine i miliardi attivati dallo Stato e centinaia i milioni attivati dalla Provincia, molti indispensabili per poter sperare in una ripresa, ma che non tengono sempre in giusto conto le differenze sociali. Una buona politica non può trattare i cittadini ne le imprese nello stesso modo, perchè non sono uguali; non lo erano prima e non lo sono a maggior ragione nemmeno adesso. Purtroppo il Coronavirus rende più poveri i poveri e lascia i ricchi con la loro ricchezza, basti pensare che le grandi multinazionali che controllano la rete, il commercio online, le industrie farmaceutiche, chi eroga prestiti o la rendita immobiliare – ma lista non si esaurisce qui – si sono ancora una volta avvantaggiati in questa drammatica crisi. Purtroppo però non pare ci sia la consapevolezza di cui ci sarebbe bisogno e non si vede un cambio radicale nella distribuzione del lavoro e della ricchezza. Faccio alcuni esempi. La cancellazione dell'Irap per incentivare la ripresa: se per l’impresa in difficoltà è un aiuto importante per quelle senza problemi è un regalo non necessario. Il sostegno alle imprese per pagare i canoni di locazione è importante per chi non ha lavorato ma è un regalo a chi beneficia di rendite immobiliari. Le garanzie per i crediti alle imprese sono necessarie, ma non hanno molto senso se non sono vincolate al rispetto dei livelli occupazionali o se vengono concesse a imprese che erano già prima in difficoltà. La sospensione delle tariffe per i servizi comunali va bene per chi non ce la fa, ma mette in difficoltà i Comuni e la sostenibilità dei servizi pubblici se a beneficiarne sono tutti a prescindere dai loro redditi, anche chi non è ha bisogno Perfino una politica giusta come quella a sostegno delle bici elettriche rischia di non raggiungere chi avrebbe più bisogno, anzi ha premiato il più veloce, come a suo tempo la decisione di rendere gratuito il trasporto per gli anziani senza vincoli di reddito non ha aiutato chi ne aveva più bisogno. Sono solo alcuni esempi di come una politica che si rivolge all'economia e alle famiglie senza capire e riconoscere le difficoltà reali, rischia di assicurare rendite e profitti invece di creare lavoro e aiutare le persone che non riescono ad assicurarsi una vita dignitosa. Per questo io credo che ci vorrebbe il coraggio di dare risposte puntuali a bisogni puntuali, e di indicare delle priorità nell'utilizzo delle risorse pubbliche. La ristrettezza di risorse e la drammaticità del momento devono impegnarci a essere più selettivi nel raggiungere i beneficiari, non distribuire in maniera indistinta con la giustificazione dell’urgenza. Come PD, tanto in Italia quanto in Trentino, abbiamo cercato di garantire una maggiore protezione sociale raggiungendo quei lavoratori e quelle famiglie che più sono tagliati fuori dagli strumenti tradizionali di copertura, ma c'è ancora molto da fare. La priorità è assicurare che non ci siano migliaia di famiglie e di persone costrette nella povertà, perchè escluse dal lavoro o almeno da un lavoro stabile e dignitosamente retribuito; e questa priorità non deve conoscere odiosi filtri legati a cittadinanza, residenza, nazionalità, perché non esiste una soluzione a questo problema se non è per tutti. La priorità è il lavoro e allora è necessario aiutare i lavoratori e chi un lavoro lo cerca. i aiutino le imprese che sanno mantenere e creare lavoro, non quelle che si preoccupano del profitto e guardano alla rendita finanziaria e che non sanno innovare. Questo vale anche per il Trentino: spetta anche al governo provinciale innescare un circuito positivo che valorizzi ricerca, formazione, risorse umane e risorse del territorio, indicando il lavoro come valore assoluto e prioritario; spetta alle politiche pubbliche realizzare opere e assegnare servizi indicando nel protocollo etico un discrimine che assicuri qualità e giusta retribuzione. L’altra priorità sono i bambini e i ragazzi, a partire da quelli che non hanno avuto le risorse per partecipare alla scuola online, da quelli più poveri che sono stati ancor di più esclusi. E la priorità è anche quella di cogliere l'occasione per vincolare tutte le politiche pubbliche alla riduzione dell'impatto ambientale delle nostre attività, riducendo le emissioni, superando il ricorso alle energie fossili, riqualificando energeticamente il patrimonio edilizio, non derogando dalla ricerca di un turismo, di una agricoltura e di una mobilità sostenibili. Non esistono scorciatoie, non esistono risposte semplicistiche. Le questioni che ci si parano di fronte sono capitali, complesse e dirimenti e hanno bisogno di una classe politica capace, di idee lungimiranti, e di risposte altrettanto complesse. Non dobbiamo solo ripartire, lo dobbiamo fare assicurando a tutti una vita più dignitosa, in un mondo più giusto e in un ambiente più pulito. E per farlo dobbiamo anche riconoscere tutti i limiti di un modello di sviluppo che oltre ad essere profondamente ingiusto si è dimostrato anche non più sostenibile.