Ospedale di Cavalese, tra ombre e millantata partecipazione
15/01/2023
di Alessio Manica
Di aspetti non chiari nella vicenda dell’ospedale di Cavalese ce ne sono molti, e alcuni di questi sono rimasti opachi nonostante le molte sedute della Commissione consiliare competente e del Consiglio provinciale stesso dedicate al tema. Ritengo per questo necessario riflettere su due aspetti profondamente inerenti il ruolo e le competenze del decisore pubblico. Il primo attiene al completo stravolgimento del corretto iter di pianificazione dello sviluppo di un territorio che emerge da questa vicenda. Un percorso normale avrebbe dovuto vedere l’analisi dell’opzione di costruire un nuovo ospedale non a seguito di un’iniziativa privata ma a seguito dell’avvio di una riflessione prima politica e poi urbanistica. Avvio che avrebbe dovuto essere mosso dal governo provinciale, in maniera trasparente e partecipata. In questo modo all’interno dei percorsi codificati dalle norme si sarebbero potuti svolgere gli approfondimenti necessari non solo degli aspetti di politica sanitaria, ma anche sociali, economici, paesaggistici, di mobilità, ambientali. All’interno delle fasi previste dalla normativa urbanistica, inoltre, avrebbe trovato luogo in maniera compiuta la dimensione della partecipazione, sia delle istituzioni locali che dei cittadini. Tutto ciò non è avvenuto, anzi abbiamo il racconto di un percorso opaco fatto di negazioni, contraddizioni e informazioni nascoste. L’annuncio ora di incontri e di percorsi di partecipazione suona oltre che tardivo profondamente ipocrita, quasi come se la partecipazione fosse la gentile concessione del governante e non una dimensione prevista e garantita dalle norme, in questo caso urbanistiche. Oggi l’ospedale a Masi di Cavalese non è urbanisticamente realizzabile, e sentire il Presidente Fugatti - e la sua maggioranza con lui - parlare con sicumera di varianti agli strumenti urbanistici prima ancora di aver espletato i necessari percorsi che potrebbero anche dare esito negativo rispetto alla possibilità e all’opportunità di tali variazioni è oltre modo preoccupante. Nulla di nuovo, sia chiaro, in fondo in questa legislatura la Giunta provinciale ha più volte dimostrato di ritenere l’urbanistica non lo strumento cardine per il governo e lo sviluppo del territorio ma un fastidioso coacervo di norme da modificare unilateralmente e talvolta pure surrettiziamente. Il secondo profilo sul quale vorrei soffermarmi, e che mi ha lasciato attonito, è la teorizzazione del coinvolgimento dei territori come delega decisionale: si lascia ora ai territori decidere cosa sia meglio, se la ristrutturazione o la nuova edificazione. Dopo aver assistito all’aberrazione di una politica sanitaria subappaltata ai privati, in cui è il privato che decide se, cosa, come e dove realizzare un ospedale, assistiamo ora anche al trionfo del populismo, con la Giunta che “ponziopilatescamente” se ne lava le mani e lascia la patata bollente in mano ai territori, fin qui tenuti all’oscuro. La politica sanitaria è onere e responsabilità del governo provinciale, ma il Presidente Fugatti rivendica, forse non cogliendo il paradosso di queste affermazioni, che la Giunta provinciale non deciderà nulla perché sarà il territorio a decidere cosa fare. Come se quell’ospedale fosse un servizio locale di competenza comunale o come se non rientrasse nella politica sanitaria provinciale; o come se questa fosse la corretta conclusione di un percorso trasparente e partecipato, che invece è fin qui stato negato. La vicenda dell’ospedale di Cavalese non è solo il racconto di un agire ambiguo, contraddittorio ed opaco; è anche un esempio preoccupante di sottovalutazione e di incapacità di comprendere appieno il ruolo necessario dell’ente pubblico nella regia urbanistica complessiva di un territorio. Ed è anche la dimostrazione di come il populismo non solo rincorre il facile consenso ma addirittura rifugge dall’assunzione di responsabilità che gli competerebbe ammantando il tutto con una veste posticcia di partecipazione e ascolto del territorio.