Interrogazione n. 2054/XVI – Politiche provinciali e modello di governance del sistema museale trentino
Trento, 14 dicembre 2020
Interrogazione n. 2054
“GOVERNANCE” DEI MUSEI E POLITICHE PROVINCIALI
Le recenti, aspre e pubbliche polemiche sorte attorno ai processi gestionali di una delle più rilevanti e prestigiose istituzioni culturali del territorio provinciale e non solo, qual’è il Museo delle Scienze di Trento (MU.SE.), non possono essere derubricate solo a mera dialettica interna alla “governance”, ma necessitano, a questo punto, di un esame approfondito proprio perché rischiano di innescare, nel loro dipanarsi, meccanismi di delegittimazione dell’ente museale, del suo ruolo e del lavoro di tutti i suoi dipendenti e collaboratori. Lo scontro, ormai palese fra il presidente ed il direttore, non investe infatti l’esclusiva sfera delle rispettive competenze, ma mette in discussione il senso stesso di una figura come quella dirigenziale, quando il presidente tende a riassumere nella sua funzione anche i compiti precipui del direttore stesso, attribuendo in tal modo una totale preminenza della politica sulla gestione tecnica e sulle scelte espositive. In buona sostanza, ciò che sta accadendo prelude forse ad un ridisegno complessivo delle dinamiche di gooverno degli enti museali – quindi non solo del MU.SE., ma anche del M.A.R.T. dove il presidente ha assunto su di sé e nel più assordante silenzio della Giunta provinciale di fatto anche le funzioni di direttore – cioè ad una sorta di occulta riforma del sistema culturale trentino e della quale qualche assaggio lo avevamo già avuto con l’elaborazione delle linee di politica culturale dell’Assessorato competente, dove anziché una “cultura della programmazione e del progetto” si è evidenziata una “cultura delle fedeltà e dell’appartenenza”. L’obiettivo potrebbe quindi essere quello di un progressivo allontanamento delle competenze tecniche, in favore di un maggior peso della politica e quindi di quei consigli d’amministrazione, la cui nomina spetta “in toto” alla Giunta provinciale e che paiono sempre più chiamati a ratificare decisioni prese altrove, ovvero nelle “segrete stanze” dell’attuale maggioranza politica, con lo scopo finale di costruire ulteriori meccanismi di consenso, anziché reali azioni di crescita e di sviluppo della cultura trentina e del suo rapporto con il mondo che la circonda. Davanti allo scompiglio venutosi a creare al MU.SE. è del tutto evidente l’insufficienza, dal vago sapore doroteo, dell’intervento ecumenico dell’Assessore di merito, il quale cerca di affermare un suo ruolo, peraltro sovrastato dall’invadenza dei presidenti dei due istituti museali qui citati, attraverso improbabilie ed estenuanti mediazioni che sembrano avere il solo fine di annegare nel tempo la portata dello scontro in atto. Così facendo, la Giunta provinciale, per l’ennesima volta, affronta i problemi nella loro compelssità e vastità senza alcun ragionamento di sistema, ma isolando le singole situazioni e decontestualizzandole. Ecco allora che le proposte sono le solite: spostiamo Tizio al posto di Caio sottolineando la novità ed il rinnovamento che ciò implica; assumiamo una quota di precari; prendiamo in tal modo anche tempo spacciando una misera tattica per prospettica capacità di governo; tacitiamo, infine, il dissenso sotto una marea di incontri, riunioni e confronti, perseguendo invece il consenso con gli strumenti della più facile propaganda fine a sé stessa. In tutto quest’orizzonte, dov’è la politica culturale? Dove sono le grandi scelte? Perchè si abdica alla funzione programmatoria e di definizione degli obiettivi politici, in nome di una delega in bianco a personaggi dei “talk show” televisivi, abilissimi nell’innescare polemiche ed altrettanto capaci di evitare d’ essere travolti dalle stesse? Nella seconda metà degli anni ‘70 e negli anni ‘80 del secolo scorso, davanti alla grande trasformazione che il Trentino stava subendo in termini economici, sociali e culturali, le Giunte provinciali di allora avevano fatto alcune scelte di straordinario valore: il sistema delle biblioteche diffuse sul territorio; il potenziamento della cultura popolare e la nascita di un doppio polo delle arti: quelle dello spettacolo a Trento e quelle figurative a Rovereto. Questa è politca culturale. Tutto il resto è trastullo o mera monetizzazione del consenso. Tutto ciò premesso,
si interroga la Giunta provinciale per sapere
- se la stessa ha in animo una completa revisione, per gradi successivi, del sistema culturale trentino, partendo dal ridisegno della “governance” dei musei ed affidando alle nomine politiche il ruolo di regia di tale possibile sistema;
- quali costi si sono previsti, a carico del bilancio provinciale, per assumere ed inquadrare nell’organizzazione del Personale provinciale l’attuale 70% del Personale che lavora al MU.SE. in dipendenza dalle società cooperative che forniscono i servizi al museo;
- per quale ragione e sulla scorta di quali calcoli si è stabilita la “sanatoria” del 70% del Personale del MU.SE., anziché dell’80% o di altra cifra;
- se anche agli enti strumentali della Provincia deve applicarsi la normativa afferente la rotazione dei dirigenti dopo un certo numero di anni e, nel caso di risposta affermativa, quali e quanti sono gli attuali dirigenti degli enti strumentali e delle varie agenzie in carica da più di un decennio nel medesimo ruolo.
A norma di Regolamento si richiede risposta scritta.
Distinti saluti, il Cons. Alessio Manica