Comuni al collasso, Provincia colpevole
Editoriale pubblicato sul Quotidiano l'Adige in data 31/05/2021
di Alessio Manica
Le recenti dimissioni del Sindaco di Lona Lases, dovute al fatto che “non sussistono le condizioni per affrontare con un minimo di sostegno tecnico e serenità le incombenze ordinarie e men che meno per affrontare i progetti futuri” del Comune, dispiacciono, preoccupano e impongono una riflessione.
Quello dell’ordinamento degli enti locali è da sempre uno dei temi principali nel dibattito politico trentino ed è uno dei campi in cui di più si è esercitata la nostra Autonomia, nel tentativo di ideare ed implementare percorsi originali e adeguati al nostro contesto territoriale ed istituzionale. La questione è insomma strategica, e come dimostra il caso di Lona Lases mal si presta alla banalizzazione a cui troppo spesso la Giunta Fugatti pare tendere.
All’inizio degli anni ‘60 la questione dell’assetto istituzionale ed amministrativo del Trentino è stata affrontata nell’ambito del primo Piano urbanistico provinciale, come uno degli assi strategici per superare il forte divario di servizi tra città e valli, fermare i processi migratori e lo spostamento dalle valli verso l’asta dell’Adige e più in generale accelerare lo sviluppo del Trentino, all’epoca ancora in forte ritardo. Nacque così l’idea dei Comprensori, intesi come centri di organizzazione amministrativa e territoriale, strumenti attraverso i quali garantire il decentramento sul territorio di servizi e funzioni complesse e creare un Trentino policentrico e capace di garantire a tutti i suoi cittadini, tanto in città quanto nelle valli, lo stesso livello e la stessa qualità di servizi. I Comprensori nascevano allo scopo principale di arginare la polverizzazione comunale, decentrate funzioni amministrative e – come si legge nella relazione del PUP del 1962 - “come esigenza di una nuova dimensione funzionale nei rapporti sociali tra gruppi e popoli”.
Quarant’anni dopo, in un Trentino e in un Mondo completamente diversi, il tema è tornato al centro dell’agenda politica e di governo, a testimoniarne la rilevanza strategica e il forte legame tra l’organizzazione istituzionale e la capacità del Trentino di stare nel mondo, di determinare il proprio futuro, di governare e non subire le trasformazioni, valorizzando un percorso autonomo di dialogo tra locale e globale. Si arrivò così nel 2006 alla riforma dei Comprensori e alla creazione delle Comunità di Valle. Come disse l’allora Presidente Dellai, “siamo un territorio di montagna, un territorio dove i rischi di omologazione sono molto forti, così come i rischi di concentrare nelle aree urbane tutte le opportunità sono altrettanto forti quindi per noi diventa fondamentale dare un’opportunità di protagonismo anche istituzionale a tutte le nostre comunità per quanto piccole esse siano, soprattutto se collocate all’interno delle nostre valli.”
Non fu scelta la strada della semplificazione radicale della rete istituzionale, pur favorendo e sostenendo autonomi percorsi di fusione, ma quella di individuare un livello intermedio per svolgere tutte quelle funzioni amministrative che a livello di singolo comune non è pensabile possano essere svolte, se non in pochissimi casi. Vi era insomma di fondo la preoccupazione di mettere i Comuni – tutti i Comuni! - nella condizione di provvedere al meglio alle esigenze dei cittadini ma di garantire al contempo alle comunità locali la possibilità di immaginare e costruire in modo autonomo il proprio futuro, grazie a strumenti e risorse adeguate ad un obiettivo tanto ambizioso, anche grazie al trasferimento di competenze dalla Provincia ai territori, così da riequilibrare anche un rapporto da sempre caratterizzato – ironia della sorte – in senso centralistico.
E veniamo quindi ai giorni nostri. Quella riforma, e lo dico senza nostalgia, era imperfetta e ancora più imperfetta è stata la sua attuazione. Ma questo non significa che non erano valide le ragioni per cui fu pensata. Ragioni che sono a mio avviso ancora valide ed attuali, e che non possono essere cancellate con un colpo di spugna o peggio ancora banalizzate o ignorate come sta invece facendo la Giunta Fugatti. E l’obiettivo di fondo rimane sempre lo stesso: mettere tutti i Comuni trentini nelle condizioni di operare al meglio, di farsi pienamente carico del proprio ruolo costituzionale, di corrispondere alle esigenze e alle aspirazioni della propria comunità, di governare il presente e di costruire il futuro, garantendo a tutti i cittadini gli stessi diritti, gli stessi servizi, le stesse opportunità e le stesse possibilità indipendentemente dal luogo di residenza. Non si può, per mero consenso, idealizzare la frammentazione dei Comuni se poi questa si traduce nell’impossibilità di garantirne anche l’ordinaria amministrazione. Che autonomia è quella che non ti consente di farti carico del destino della comunità che sei stato democraticamente chiamato a rappresentare? Semplicemente, non è.
A distanza di tre anni dal suo insediamento la Giunta provinciale non ha ancora capito che non basta demolire, bisogna anche costruire. Chi governa ha il pieno diritto di fare le proprie scelte e anche di rivedere le scelte fatte da chi lo ha preceduto. Ma ha anche il dovere di farlo, perché le non scelte, come si vede, generano il caos e nel caos nessuno è messo nelle condizioni di fare il bene comune.