Area San Vincenzo, danni irreparabili
Trento, 11/02/2022
di Alessio Manica – Consigliere provinciale
Editoriale pubblicato dal quotidiano l'Adige in data 12/02/2022
Come noto attorno al concerto di Vasco si è innescato un dibattito aspro sin dall’annuncio nell’agosto dello scorso anno. Dibattito che non origina evidentemente da un giudizio sul concerto o l’artista in se – ci tengo a ribadirlo sempre, per non essere tacciato di gufismo, che non ho nulla contro Vasco Rossi e che auspico che il concerto sia un successo - ma nasce da valutazioni puntuali rispetto all’esclusione iniziale della città da questa iniziativa, che se l’è visto calato dall’alto e ritrovato tra capo e collo; rispetto ai contenuti imbarazzanti del contratto stipulato sotto i profili degli impegni assunti; alle forzature emerse rispetto al tema della sicurezza, con pressioni sui responsabili da parte dei vertici provinciali anche funzionali a nascondere informazioni al Sindaco di Trento; all’impiego sproporzionato della macchina provinciale e delle risorse pubbliche per uno spettacolo che è un’iniziativa imprenditoriale ampiamente redditizia dal punto di vista finanziario e che come dimostrano le centinaia di contratti simili stipulati in tutta Italia non abbisognava di certo del corposo investimento pubblico per essere non solo sostenibile per l’artista ma anche largamente vantaggioso. Ci sarebbe da riempire pagine ma il focus di questo mio intervento vuole essere su quello che sta succedendo all’area di San Vincenzo. Come sappiamo quell’area enorme di ben 270.000 metri quadrati è una porzione di territorio non solo dimensionalmente importante che unisce (o separa) urbanisticamente la città dal suo sobborgo di Mattarello. Un’area preziosa per le sue dimensioni ragguardevoli, in un territorio fortemente urbanizzato, strategica per lo sviluppo della città. Ciò è testimoniato dal lungo dibattito che negli anni si è svolto attorno al suo utilizzo dopo l’abbandono dell’iniziale destinazione a cittadella militare, per la quale i terreni furono espropriati ai privati. Terreni che giova ricordare erano al tempo e da tempo destinati all’uso agricolo. Negli anni si sono avanzate diverse ipotesi come l’uso sportivo, il parco agricolo, l’area verde fortemente naturalizzata e altre ancora, tra cui anche la restituzione sic et simpliciter all’uso agricolo per favorire lo sviluppo di un’imprenditoria giovane e biologica in questo settore così strategico per il Trentino. Fine quest’ultimo che poteva anche tenere assieme la necessità di sostenere giovani imprese agricole in questi anni costantemente alla ricerca di terreni da coltivare, con la rottura di una specie di destino inevitabile che pare non contemplare praticamente mai nella definizione delle scelte urbanistiche il ritorno all’uso agricolo di aree che non assolvono più a destinazioni di altro tipo. Alla fine comunque il Comune ha assegnato all’area una destinazione sportivo-ricreativa, prevedendo, proprio per la delicatezza della progettualità, che gli interventi debbano essere coordinati da un preventivo progetto unitario da sottoporre al parere del Consiglio comunale. In barba a tutto questo ed al dibattito della comunità di Trento è invece planata sull’area l’idea del Presidente della Provincia di fare lì un mega concerto, qualcosa di epocale che nelle ambizioni leghiste risuoni a livello almeno nazionale, un tale capriccio da ignorare i rischi connessi al Covid, irrispettoso rispetto ai molti sacrifici che ognuno di noi sta facendo a causa della pandemia; talmente obnubilante da spingere a mettere in vendita 120.000 biglietti prima di sapere se quell’area fosse o meno idonea ad ospitare un numero di persone superiore a tutti i residenti del capoluogo. Della serie “e chi se ne frega dei ragionamenti fatti, ghe pensi mi!” come rivendicato anche in aula in questi giorni: una discutibile primazia del fare, sopra tutto e tutti, anche alla sicurezza, purché sia. E per fare questo concerto in questi giorni stiamo assistendo alla devastazione di quei 27 ettari di terreno. Decine di mezzi d’opera stanno intubando le fosse di bonifica in deroga alle norme che governano la gestione delle acque, distribuendo sull’area oltre 110.000 mc di terreno di cava e scavo di galleria necessari per rendere idoneo lo stesso alla realizzazione del concerto ma che cambierà definitivamente la natura di quell’area, senza che a domanda precisa sia stati forniti i titoli edilizi e le autorizzazioni necessarie allo svolgimento di queste opere. Il tutto, vale la pena ribadirlo, utilizzando persone, mezzi e risorse della Protezione Civile trentina in virtù dell’equiparazione dell’evento ad una calamità naturale. Eppure il Comune ha ribadito più volte negli atti ufficiali che ogni intervento per il concerto dovrà essere “provvisorio” pena la violazione della destinazione urbanistica prevista dal PRG di cui ho detto sopra. Mi permetto, con molta presunzione, di dubitare che quello che si sta facendo in queste ore a San Vincenzo sia provvisorio, reversibile e ripristinabile. E se anche lo fosse, vorrebbe dire buttare via più di due milioni di euro di opere, perché a tanto ammonta l’impegno della Provincia – almeno fino ad ora - per la predisposizione della cosiddetta Trento Music Arena. Ecco io vorrei semplicemente che i cittadini di Trento, dei sobborghi limitrofi, le associazioni che hanno a cuore l’ambiente, i contadini e i sindacati agricoli si rendessero conto di questo danno irreparabile che si sta facendo per un’iniziativa il cui beneficio sociale, economico e promozionale è tutto da dimostrare. Un beneficio per ora tutto nelle convinzioni della maggioranza provinciale, ma a mio avviso assolutamente sproporzionato rispetto al danno e al vincolo di fatto che si sta ponendo allo sviluppo futuro di quell’area. Il silenzio su questo pesa e preoccupa.